giovedì 31 gennaio 2008

INTERVENTO DI PACE


Quattro anni di guerra hanno fatto un milione di morti in Iraq: il dato è frutto di una ricerca condotta dall'istituto britannico Opinion Research Business e dalla controparte irachena Independent Institute for Administration and Civil Society Studies. Lo studio è stato effettuato sulla base di interviste con 2.414 adulti iracheni. Di questi almeno il 20 per cento ha avuto almeno uno congiunto ucciso.
Per la precisione sono 1.033.000 le vittime tra gli iracheni. Il dato, che prende come riferimento il periodo tra l'invasione delle forze della coalizione a comando Usa nel marzo del 2003 fino all'agosto del 2007, è stato effettuato sulla base di interviste con 2.414 adulti iracheni. L'ultimo censimento condotto in Iraq nel 1997 aveva registrato 4,05 milioni di famiglie. Sulla base di questa cifra l'Ong è giunta a calcolare le vittime. Un primo calcolo della guerra in iraq era stato fatto dalla rivista Lancet nel 2004: erano allora 100mila le persone uccise.In seguito nell'ottobre del 2006 la scuola medica Bloomberg della John Opkins University statunitense aveva stimato i morti tra i civili in 601.027. Cifra a suo tempo bollata come "non credibile" dal presidente George W. Bush. Il margine di errore dell'indagine è stato dell'1,7%, e la forchetta dei decessi si pone fra 946.258 e 1,12 milioni. La ricerca ha interessato 15 delle 18 province irachene. Fra quelle non incluse figurano due delle regioni più turbolente - Kerbala e Anbar - e la provincia settentrionale di Erbil, dove le autorità hanno rifiutato il permesso di effettuare l'indagine. Orb, un'organizzazione non governativa fondata nel 1994, effettua ricerche per i settori pubblico, privato e del volontariato. Il direttore del gruppo, Allan Hyde, ha affermato di non aver avuto altro obiettivo che registrare il più accuratamente possibile il numero di morti fra la popolazione irachena come conseguenza dell'invasione del seguente conflitto.

mercoledì 30 gennaio 2008

PROMESSA DA MARINI


Si prosegue sulle complesse faccende di politica italiana.

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha affidato al presidente del Senato Franco Marini l’incarico di creare un governo che riformi la legge elettorale. Il capo dello Stato ha affidato a Marini «l’incarico di verificare la possibilità di consenso sulla riforma della legge elettorale e di sostegno ad un governo funzionale all’approvazione di tale riforma e all’assunzione delle riforme più urgenti». Il presidente del Senato riferirà «nel più breve tempo possibile». Napolitano ha spiegato che senza le necessarie riforme istituzionali, compresa quella della legge elettorale, l’Italia non può raggiungere «stabilità politica ed efficienza istituzionale». Ed è per questo che «ho chiesto al presidente del Senato, facendo appello al suo senso di responsabilità istituzionale, di verificare le possibilità di consenso su un preciso progetto di riforma della legge elettorale e di sostegno ad un governo funzionale all’approvazione di quel progetto e all’assunzione delle decisioni più urgenti in alcuni campi».

''Il mio impegno cercherà di concentrarsi per avere tempi più brevi possibile - lo ha assicurato il presidente del Senato, Franco Marini, sottolineando - trattandosi di un lavoro gravoso bisogna farlo seriamente''. Marini ha detto infine: ''Assicuro tutta la mia determinazione per questi giorni che ho di fronte''.

Verso un governo light

«Il numero totale dei componenti del governo a qualsiasi titolo - stabilisce la Finanziaria - compresi ministri senza portafoglio, vice ministri e sottosegretari non può essere superiore a sessanta». Se si guarda ai 102 incarichi del governo Prodi (97 al momento del giuramento al Quirinale) il taglio è deciso. Calcolatrice alla mano, l’alleggerimento numerico dovrà essere almeno del 41%, con un impatto a cascata su portaborse, staff di segreteria e auto-blu. Sulla carta - ma non nella realtà - la previsione di un governo light di 12 ministri non è una novità. È questo il numero che veniva espressamente fissato già nel 1999 dalla riforma Bassanini, che stabiliva un massiccio accorpamento di dicasteri.

martedì 29 gennaio 2008

BLACK HAWK GUN


Sulla crisi politica siamo nella ovvia fase delle consultazioni del presidente Napolitano con le varie forze politiche, le ipotesi sono sempre le stesse, chi per il voto subito, chi per un governo transitorio, comunque nulla si è mosso, il casino è sempre lo stesso.

Il fattaccio di oggi è l'esplosione di violenza in Kenya, sull'orlo di una guerra civile.

Articolo tratto dal Corriere.

NAIVASHA (KENYA) - Non si arresta la violenza in Kenya dopo le contestate elezioni presidenziali del 27 dicembre che hanno confermato Mwai Kibaki alla presidenza. Mentre cresce l'attesa per l'incontro tra il presidente rieletto e lo sfidante, Raila Odinga, che contesta l'esito del voto, la notizia dell'uccisione di un deputato dell'opposizione, Mugabe Were, primo politico vittima delle rivolte, ha scatenato una nuova ondata di violenze facendo salire a 22 il numero delle vittime nelle ultime ore.
ELICOTTERI CONTRO LA FOLLA - Gli episodi più drammatici sono accaduti a Naivasha (nella Rift Valley, epicentro degli scontri negli ultimi giorni), una splendida località turistica a 90 km a nord ovest di Nairobi, divenuta un campo di battaglia. Lì sono intervenuti elicotteri militari per «disperdere» gruppi di manifestanti. Ed hanno sparato: ufficialmente pallottole di gomma, ma molti testimoni hanno parlato di tiri nel mucchio con munizioni vere.ESCALATION - L'utilizzo di elicotteri militari appare un nuovo pericolosissimo passo in avanti nell'escalation della violenza, e sembra anche confermare la notizia che circola da giorni secondo cui il governo starebbe per prendere la decisione di schierare l'esercito in piazza. Anche l'ex segretario generale dell'Onu Kofi Annan - che sta mediando tra le parti - avrebbe ipotizzato tale soluzione, che però trova contraria la maggioranza dei diplomatici presenti in Kenya che la considerano una deriva rischiosissimaNEGOZIATI A RISCHIO - La notizia dell'uccisione di Were e gli scontri scatenati in diverse località del Paese rischiano di compromettere i negoziati tra Kibaki e Odinga, aperti oggi da Kofi Annan. L'ex segretario generale delle Nazioni Uniti è dal 22 gennaio a Nairobi per tentare una soluzione mediata di uno scontro di potere a cui alcuni settori vogliono dare una valenza etnica. Odinga ha parlato di un omicidio politico. «Circolano molte voci. Ci auguriamo che un'indagine faccia luce sull'accaduto», ha detto ai giornalisti il leader dell'Odm, il quale ha esortato la popolazione alla calma.

venerdì 25 gennaio 2008

DINI CRISIS


Stasera partirò per Londra, il blog verrà aggiornato lunedì o martedì prossimi (speriamo non succedano finimondi).
La situazione dopo la caduta del governo Prodi.
Sono sei i senatori dell' Unione che hanno abbandonato Romano Prodi
negando la fiducia al suo governo. I "traditori", come li considera il centrosinistra,
o gli "eroi", agli occhi del centrodestra, sono: Clemente Mastella e Tommaso Barbato
dell'Udeur; Lamberto Dini e Giuseppe Scalera dei Liberaldemocratici (quest'ultimo si è
astenuto, ma al Senato l'astensione ha gli stessi effetti di un voto contrario);
Domenico Fisichella, uscito dal gruppo dell'Ulivo quando è nato il Pd; Franco Turigliatto,
della Sinistra critica.

Fino all'ultimo Prodi ha provato a convincere i sei "ribelli" a votare la fiducia al Senato,
dove il rapporto tra i due schieramenti è quasi di parità. Ma non c'è stato nulla da fare.
Sulle posizioni dell'Udeur, che aveva aperto la crisi lunedì scorso sull'onda del ciclone
giudiziario che ha coinvolto Mastella, la moglie e mezzo Udeur della Campania, si sono
portati anche i diniani, il trotzkista Turigliatto, che ormai da tempo si definisce
«un oppositore da sinistra» del governo, e all'ultimo Domenico Fisichella,
uscito dal gruppo dell'Ulivo dopo la nascita del Pd, e che a dicembre,
nelle votazioni sulla Finanziaria, aveva detto che «l'esperienza del governo
si era esaurita».



Il presidente della Repubblica vede
Marini e Bertinotti. Due le ipotesi:
governo tecnico o il voto anticipato


Consultazioni subito. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano scende in campo e prende in mano la crisi di governo. Succede dopo tre giorni nei quali il premier Romano Prodi ha mantenuto con tenacia la sua decisione di parlamentarizzare la crisi. Ieri, dopo la sconfitta al Senato, Prodi ha aperto formalmente la crisi rassegnando il mandato nelle mani del Capo dello Stato e Napolitano ha fatto la sua parte. Oggi pomeriggio Napolitano incontrerà i presidenti di Camera e Senato Fausto Bertinotti e Franco Marini ma già da stamane il Quirinale sarà al lavoro per scrivere il calendario delle consultazioni con le forze politiche.

Napolitano, rispettando la formula di rito, ha accettato con riserva le dimissioni del premier perché il suo primo compito è proprio quello di verificare se esistono le condizioni per respingere le dimissioni e rimandare il capo del governo dimissionario alla prova della fiducia alle Camere. Prodi resta quindi in carica per il ’disbrigo degli affari correntì ma l’ipotesi di un reincarico del premier, che ha «sfidato» la conta del Senato chiamando in causa il suo rispetto per la Costituzione, sembra tramontata. Restano in campo altre due possibilità: un governo tecnico o istituzionale o le elezioni anticipate. La «voce» delle forze politiche che il presidente ascolterà pazientemente e facendo tutti gli approfondimenti necessari sarà determinante. Potrebbero, quindi, non essere consultazioni brevi come invece era accaduto l’anno scorso per la prima crisi del governo Prodi. Ma ogni scenario al momento è prematuro.

giovedì 24 gennaio 2008

POLITIC TAC




AGGIORNAMENTO ORE 23:00

Prodi sale al quirinale. Probabile che dia le dimissioni da presidente del consiglio.
Discussioni sulle possibilità del dopo Prodi, voto anticipato (PD di Veltroni dice no) e sulla crisi politica.

AGGIORNAMENTO ORE 20:50

E' ufficiale.
Con 161 voti contrati e 156 favorevoli Prodi non ottiene la fiducia al senato.
Si apre la crisi di governo.

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Finalmente ho deciso di aprire l'argomento politica, potevo farlo anche in precedenza vista la situazione, ma siamo arrivati a un punto pericoloso di instabilità al punto che la nostra crisi guadagna prime pagine persino nei giornali esteri.

Apro breve parentesi. Da segnalare la volontà espressa oggi dal premier del Kosovo, che si ritiene già pronto, di ottenere l'indipendenza dalla Serbia. In un catino bollente come i balcani la situazione andrà seguita. Chiudo parentesi.

La crisi di governo dura da molti mesi, la crisi politica da anni ma sta vivendo i suoi giorni peggiori. Sottolineo la politica tutta, niente divisioni su fazioni varie.

Mastella alias ministro della giustizia dimissionario (lo sappiamo tutti ma questo sarà un archivio in futuro), caos in Senato ed oggi brutte nuove.
Articolo dal Corriere.

ROMA - È una seduta ad alta tensione quella che va in scena nell'aula del Senato, dove il premier Romano Prodi ha chiesto un voto di fiducia per verificare l'esistenza di una maggioranza a sostegno del governo. La decisione di un senatore dell'Udeur, Nuccio Cusumano, di dare il proprio consenso all'esecutivo nonostante la posizione ufficiale del partito, schierato per il no, ha causato un battibecco con scambio di violente accuse che si è concluso con un malore dello stesso Cusumano e con una sospensione della seduta per una decina di minuti.

LE PREVISIONI - Con il no annunciato da Lamberto Dini, Clemente Mastella e Tommaso Barbato e l'astensione in aula dell'altro senatore liberaldemocratico, Giuseppe Scalera, il Senato sembra voltare le spalle al governo. Sulla carta, infatti, i voti a favore della fiducia sono 157 (151 dell'Unione, compreso Nuccio Cusumano più sei dei senatori a vita), mentre quelli contrari sono 160 (i 156 del centrodestra più quelli annunciati di Franco Turigliatto, Dini, Mastella e Barbato). Si asterrà in aula Scalera, mentre Domenico Fisichella non ha ancora definitivamente sciolto la sua riserva. Ed è annunciata l'assenza dall'aula di Luigi Pallaro e del senatore a vita Sergio Pininfarina. Il presidente del Senato Franco Marini, inoltre, per prassi non prende parte al voto. Il quorum per la fiducia sarebbe dunque così fissato a quota 160 voti. Il governo avrebbe quindi tre voti meno di quelli necessari.

Altro ci sarebbe da dire ma la sostanza è qui.
Seguo la diretta della seduta al Senato e aggiornerò il blog con un nuovo post.

mercoledì 23 gennaio 2008

LA STORIA INFINITA

Buonasera a tutti.

L'argomento di ieri, anche se non è rientrato l'allarme, lo possiamo per il momento tenere in disparte perchè ciò che sta accadendo in una zona tormentata da sempre, è veramente grave.

Prima di passare alla situazione di Gaza, segnalo una notizia che voglio riportare, in attesa che si scopra cosa realmente comporti (può anche essere uno scherzo, o uno sbaglio).

La sonda lanciata dalla Nasa su marte ha scoperto una curiosa forma che ci fa subito pensare a un alieno.

La notizia sarebbe senzazionale ma appunto da verificare quindi non mi dilungo oltre e posto una prima foto, se ne riparlerà in seguito. Giudicate voi.




Torniamo quindi alla tragedia di Gaza, aldilà degli avvenimenti dei giorni scorsi, embargo, ospedali senza elettricità, scontri vittime e feriti, a cui purtroppo siamo ormai abituati, si è aggiunta oggi la notizia della fuga di decine, centinaia di migliaia di palestinesi in Egitto, distruggendo il muro al confine la prova che la situazione è insostenibile.

Posto un video che non lascia dubbi, e l'articolo tratto da "La Stampa".




Mubarak cede dopo l'abbattimento della frontiera. La crisi si regionalizza e Hamas chiede un vertice con Anp ed Egitto
Grazie al via libera di Mubarak, e alle cariche di tritolo che nottetempo hanno abbattuto la frontiera, dal confine di Refah oltre 350 mila palestinesi, secondo fonti Onu, si sono riversati dalla Striscia di Gaza in Egitto in cerca di cibo, benzina e sigarette. O anche di una via di fuga definitiva, poiché fra loro non manca chi si è portato dietro tutto ciò che possedeva. Il presidente egiziano Mubarak ha detto che le forze di sicurezza egiziane hanno «accompagnato» i palestinesi di Gaza «che subiscono una carestia a causa del blocco israeliano... ho detto loro di lasciarli entrare, sempre che non portino armi, perchè possano mangiare e acquistare prodotti alimentari e poi tornare a casa». Anche se il governo egiziano sta cercando una difficile equidistanza - Mubarak ha criticato Hamas che «sta concedendo a Israele l’opportunità di un’escalation della situazione» - la regionalizzazione del problema appare ormai inevitabile. Voluta anche da Hamas che esportando la crisi in Egitto, secondo l’analista Issam Nassar: «ha inviato un messaggio a tutti i leader arabi avvisandoli che non accetterà la disfatta senza reagire e che, se non ci sarà un intervento esterno su Israele, la questione di Gaza diventerà l’argomento del giorno nelle capitali della regione». L'offensiva è iniziata anche sul fronte diplomatico, con la richiesta del leader di Hamas ed ex premier Ismail Haniyeh, di «un incontro urgente» con Abu Mazen e i leader egiziani per ottenere una riapertura dei valichi «sulla base di una partecipazione nazionale» alla decisione. Un segnale a Fatah che sembra aver prodotto per ora almeno un risultato. Abu Mazen oggi ha condannato il blocco imposto da Israele alla Striscia senza far menzione di Hamas e del lancio di missili. Da parte israeliana l'apertura del confine egiziano è stata commentata freddamente dal portavoce del ministero degli Esteri, Arye Mekel. «La responsabilità del corretto funzionamento della frontiera - ha sottolineato - è dell’Egitto, come dicono gli accordi siglati». Pertanto Israele «si aspetta che gli egiziani risolvano il problema». Malgrado le rassicurazioni infatti, chi e che cosa stia passando in queste ore da Rafah è tutt'altro che certo. Israele teme, o piuttosto è certo che si tratti anche di armi e guerriglieri, in entrata e in uscita. Intanto, dopo l'apertura di ieri, con la consegna, dopo cinque giorni di chiusura dei valichi, di 700mila litri di carburante destinati alla centrale elettrica della Striscia e di cibo e medicine, ha di nuovo interrotto ogni comunicazione. Una chiusura che, nelle intenzioni, potrebbe diventare permanente.

martedì 22 gennaio 2008

CROLLA TUTTO!!



L'argomento scelto oggi riguarda il crollo verticale delle borse di mezzo mondo e il rischio recessione.

I segnali, AL MOMENTO, sono molto preoccupanti. (il colpo di grazia lo dà Paolini nella [metaforica, chiaramente] foto sopra...che diavolo ci faceva lì?Un possibile reporter bravissimo, ma purtroppo dal cervello shakerato).


Articolo scelto da Tiscali news.


Sembra che i mercati stiano considerando la possibilità di un rallentamento più pronunciato o anche di una recessione, ma spero che faranno attenzione alle informazioni reali dall'economia anche in Europa": lo ha detto il commissario europeo per gli Affari economici e monetari Joaquin Almunia a margine della riunione dell'eurogruppo. Almunia ha spiegato che le conseguenze per i mercati europei non saranno dirette "poiché la nostra economia non è così dipendente come nel passato dall'economia statunitense". Per il commissario "la volatilità eccessiva dei mercati non è una buona notizia ma spero che rallenterà". Almunia ha auspicato che nei prossimi giorni le autorità statunitensi adottino delle misure "in grado di contrastare il rischio di una recessione".
Borse mondiali a picco - Dopo le borse asiatiche, anche le piazze europe affondano per il timore di una recessione Usa. Francoforte arretra del 5,45%, Parigi del 4,27%. Londra cede del 3,9%. Giù del 2,8% Milano e del 3,7% Zurigo. I mercati non hanno accolto con delusione il pacchetto di aiuti fiscali da 140 miliardi di dollari delineato nei giorni scorsi dalla Casa Bianca, considerandolo insufficiente a dare uno stimolo all'economia Usa. Inoltre i listini europei reagiscono negativamente alle dichiarazioni del numero uno della Banca d'Olanda Nout Wellink, secondo il quale la crescita euroea aumenterà meno del previsto quest'anno, non oltre l'1,5%. Oggi i mercati Usa restaranno chiusi per la festività del Martin Luther King Day. Ad affossare i listini sono la paura che la cura da 150 miliardi di dollari messa a punto dall'amministrazione americana sia insufficiente per evitare la recessione Usa con effetti destinati a propagarsi sull'economia mondiale. Ma anche il riacutizzarsi dei timori legati ai mutui subprime e le difficoltà delle società assicuratrici di bond Usa, Mbia e Ambac (il cui rating è stato tagliato venerdì da Fitch ad 'AA').
Grosse perdite nel comparto assicurativo - Il comparto assicurativo perde il 5,6% con Swiss Re (-10,4%), Allianz (-9,3%), Ing Group (-8,1%) e Axa (-5,3%). Tra i bancari (-4,5% lo Stoxx di settore), Bnp Paribas affonda del 7,3%, Societé Generale del 7,2%, Dexia del 6,7%, Commerzbank del 6,3%, Deutsche Bank del 6,2%, Santander del 6%. Nella seduta disastrosa dei listini europei Milano (-2,6%) è la piazza che contiene di più le perdite. Di seguito l'andamento degli indici dei titoli guida delle principali Borse europee: - Londra -3,55% - Parigi -4,81% - Francoforte -5,33% - Madrid -4,76% - Milano -2,59% - Amsterdam -3,80% - Stoccolma -3,27% - Zurigo -3,78%.
Il tonfo delle borse asiatiche - Chiusure in profondo rosso per le principali Borse asiatiche affossate dai timori di una recessione Usa e dalla paura di un riacutizzarsi della crisi dei mutui subprime. Hong Kong ha perso il 5,5%, Shanghai il 5,1%, Tokyo il 3,8% e Seul il 2,9%. Di seguito le chiusure degli indici delle principali Borse dell'area dell'Asia-Pacifico: - Tokyo -3,86% - Hong Kong -5,49% - Shanghai -5,14% - Shenzhen -4,62% - Taiwan -0,91% - Seul -2,95% - Sydney -2,90% - Mumbai -7,13% - Singapore -6,03% - Kuala Lumpur -2,15% - Bangkok -2,94% - Giakarta -4,80%.
Fortissimo il calo in Cina - Il calo della borsa cinese in particolare è stato il più consistente da sei mesi a questa parte. L' indice CSI 300 che sintetizza l'andamento dei titoli azionari denominati in yuan sulle due maggiori piazze del Paese, é sceso del 5,0% a 5.145,73 punti; in particolare il comparto finanziario ha ceduto il 6,2% sulla scia della flessione di Bank of China, alle prese con maxi-svalutazioni legate al subprime. L'andamento negativo della Borsa cinese è legato alle preoccupazioni per i riflessi derivanti da una possibile recessione negli Usa, che stanno del resto oggi mandando al tappeto tutte le borse internazionali. Per la Cina in base agli analisti il pil nel 2008 dovrebbe segnare un più che confortante +10,5%, contro +11,5% dello scorso anno. Si tratterebbe però della prima frenata da sette anni a questa parte.

SI PARTE


Eccoci qui, infine.
Apre i battenti anche questo blog, sperando in un roseo futuro.
Niente tagli del nastro o bottiglia di spumante, quelli arriveranno se il successo coronerà un'idea, l'idea alla base di questo progetto.

Non bisogna scrivere molto si dice, per non annoiare l'utente.
Ebbene, chiaro e conciso, questa vuole essere una comunità, o meglio un'area di dibattito libera - sottolineamolo.

L'idea alla base è quella di discutere insieme di cosa ci succede intorno; non ci sono grandi argomenti, collegamenti particolari o dirottamenti sul come porre le notizie.

Esse verranno riportate per come sono, ognuno DEVE avere la PROPRIA idea e nè influenzabile nè sbagliata a priori (i mass media questo l'hanno dimenticato).

Non voglio dilungarmi oltre, il funzionamento lo vedremo (si, anche io. Si può sempre cambiare qualcosa, anche le idee) assieme.

Spiego solo il senso del titolo.

"One per day" significa un solo principale argomento ogni giorno, una discussione principale da scegliere e discutere, possibilmente sul più importante avvenimento accaduto nel giorno stesso (chiaramente i commenti saranno liberi anche successivamente), in Italia o nel mondo. Si andrà a realizzare così un archivio che diventerà in pratica di STORIA, di vita, correlato dalle opinioni DIVERSE di ciascuno di noi.

"Cosa ci aspetta oggi" è il concetto stesso dell'esistenza del blog.
In base a quanto accaduto, ognuno ha un'idea di cosa accadrà poi, e se sarà una cosa bella o brutta, se era bella o brutta la notizia precedente, e se si continuerà su quell'argomento o l'importanza verrà deviata da qualcosa d'altro.

Dai commenti si influenzerà anche la scelta di COSA è e sarà veramente importante e cosa no.
Adesso capite la differenza dei mass media che operano in base a loro coscienza?

E' un concetto difficile, ma essenziale. Se qualcosa è più importante, qui non verrà omesso, taciuto o in caso contrario non andrà proseguito oltre il dibattito.

Non sono stato particolarmente chiaro, lo so. Un grazie a chi ha letto fin qui, e spero di avervi incuriosito.

In bocca al lupo a una sana idea, ancora da sfruttare.

Crepi il lupo.